Elena dopo la recente vittoria in classe cub ai mondiali di volo a vela si racconta a tutti gli amici di Pilota per Sempre.

Quando ho iniziato a volare

Ho cominciato a volare quando avevo solo 15 anni e si,  ho imparato a guidare la macchina per poter spostare l’aliante in aeroporto.

Avvicinarmi al volo per me è stato un processo molto naturale dal momento che sembra essere un vizio di famiglia. Mio papà infatti è pilota e istruttore di volo a vela e sono arrivata sui campi di volo grazie a lui. Già da bambina infatti passavo spesso weekend in aeroporto assieme alla mia famiglia, per fare da supporto a mio papà Michele durante le sue gare.

Il brevetto è arrivato con molta naturalezza e anche mio fratello Nicola che è 3 anni più grande di volava già quando io ho cominciato.
Ora Nico e io voliamo spesso assieme e siamo un team super affiatato.

Cosa rappresenta per me il volo a vela

L’aspetto del volo a vela che più mi piace è l’incertezza, l’essere consci del fatto che l’immagine mentale che ci facciamo della realtà non è la Realtà, ma solo una nostra supposizione basata sui dati a nostra disposizione. Mi spiego meglio: durante un volo non si ha mai la certezza di dove sarà la prossima termica. Possiamo farcene un idea a seconda di quello che vediamo, e delle informazioni che riceviamo dall’aliante mentre attraversiamo masse d’aria. Ma abbiamo a nostra disposizione una quantità di informazioni veramente molto limitata per poterci costruite un’immagine realistica di quello che sta veramente succedendo nell’atmosfera attorno a noi, e ancora di meno di quello che succederà nei successivi 10minuti. Quindi l’unica cosa che possiamo fare è accettare che l’idea che abbiamo è molto approssimativa, e pertanto ha senso continuare a raccogliere più dati possibile e continuare ad aggiornare la nostra visione della situazione a seconda di quello che stiamo apprendendo. Dobbiamo essere aperti al cambiamento di prospettiva, e questo per me è un aspetto molto importante nella vita, anche quando sono per terra.

Poi il volo per me è diventato anche momento di unione con la mia famiglia, dal momento che ora vivo all’estero, le gare che si tengono a Ferrara (mia città natale) sono sempre un buon momento per passare del tempo assieme alla mia famiglia.

Come sono arrivata alle competizioni

Le gare sono arrivate abbastanza naturalmente già un anno dopo il brevetto. Ho cominciato con la promozione (la prima a Ferrara, non valida per i pochi giorni di gara, e la seconda a Rieti), poi ho cominciato con le gare nazionali, ed internazionali.

Il primo Mondiale femminile è stato nel 2019 in Ungheria, poi c’è stata la Svezia (2011), la Francia (2013), la Danimarca (2015), la Rep. Ceca (2017) e ora l’Australia. In parallelo per i primi anni ho volato i campionati mondiali Juniores in Germania (2012) ed in Polonia (2014).

Ho sempre volato in classe club, ad eccezione di un paio di gare in biposto.

La gara per me è il contesto di volo più piacevole che conosco. Non per il risultato, ma principalmente per la possibilità di potersi confrontare sullo stesso tema di volo e vedere quali scelte sono vincenti rispetto ad altre. Nelle giornate di volo normali è difficile capire se abbiamo fatto scelte valide o meno dal momento che non ci sono metri di riferimento se nessun altro sta volando il nostro task con un aliante più o meno simile.

Oltre a questo la gara ha di bello la scena sociale del pre e post volo, lo stare assieme e condividere tempo con gli amici a terra è una parte molto importante di questo sport  per me.

Aspettative dalle competizioni

In questi anni il mio approccio al volo è cambiato parecchio. Durante le mie prime gare non avevo alcuna aspettativa di ottenere particolari risultati. Il principale fattore di tensione era il fatto stesso di essere in gara con così tanti alianti attorno, e tanti piloti molto più esperti di me.
Poi piano piano la tensione per il fatto stesso di essere in gara se ne è andata, la gara è diventata più un attività quasi di routine. E nel frattempo mi sono accorta che il volare solo per stare per aria no mi dava più molto.  Senza un obiettivo in volo ho cominciato ad annoiarmi.
Questa è stata la prima gara in cui ho volato con l’aspettativa di andare bene, di mirare al podio. E devo ammettere che è stata una sensazione nuova, strana, e non è che mi abbia fatto molto bene. Specialmente durante la prima settimana di volo, avevo talmente tanta pressione di aspettative addosso (data dalla voglia di fare bene, ma a anche dalla montagna di preparativi necessari per arrivare a partecipare alla gara, all’impegno economico da parte di tutti, al caldo terrificante ed alle condizioni meteo che non erano favolose) che non ho volato bene per la troppa paura di andare male. Troppo conservativa, troppo a guardare cosa facevano le altre, troppo a speculare. Per fortuna alla fine della prima settimana di gara sono riuscita a scrollarmi questa sensazione di dosso e ricominciare a volare divertendomi ( e guarda un po’ anche volando meglio…).
Un altro punto di cui ho preso coscienza negli ultimi anni, è quanto importante sia, oltre alla parte in volo, la parte sociale a terra . Il fatto di avere una buona compagnia che con cui ridere e rilassarsi è tanto importante quanto la parte per aria per farmi stare bene.

Difficoltà nel mondiale

La difficoltà da gestire in Australia son state parecchie. Primo tra tutti problema più meramente fisico del caldo, che specialmente la prima settimana di gara ci ha lasciato senza fiato con 48°C all’ombra a terra, e cieli parecchie volte senza cumuli. Arrivata a sera ero sempre distrutta, nonostante mi sforzassi di bere 7/8 litri di acqua al giorno, il caldo veramente mi cuoceva.
Poi i problemi logistici e organizzativi. Cominciare a volare i primi giorni è stato super difficile: l’organizzazione gara non aveva previsto briefing meteo o di task nei giorni di prova non ufficiale, non ci hanno fornito nemmeno delle cartine utilizzabili per pianificare i voli (su un terreno che tra l’altro è molto atterrabile verso ovest, ma poco o niente a nord, nordest e a sud da 70 km in poi). In più  si è aggiunto il problema del fumo degli incendi enormi più a sud. Questo ci ha tenuto a terra i primi 5 giorni di allenamento e ha notevolmente limitato la visibilità in quasi tutte le altre giornate, talvolta al punto di dover usare la bussola per sapere da che parte uscire dalla termica. Con queste premesse non è stato facile tenere il morale alto specialmente all’inizio.
Più, chiaramente, un po’ di problemi secondari, come il carrello che avevo affittato che non è mai arrivato, quindi abbiamo dovuto pimpare un carrello locale per adattarlo al discus, con non pochi problemi e cuscini. Qua la squadra ha fatto un lavoro eccezionale!!!
Poi c’è stato il pacchetto di tutta la parte organizzativa (che è stata una montagna) per poter arrivare in Australia, che di fatto mi ha occupato ogni weekend da agosto sino a novembre, e  mi ha fatto arrivare ad inizio gara comunque abbastanza in riserva.

Quindi alla fine dei conti l parte più dura per me è stata tenere assieme tutti questi problemi senza che l’umore e la motivazione finissero in cantina.

Differenze tra squadre italiane ed estere

Beh, intano quest’anno per la seconda volta in vita mia ho avuto una vera e propria squadra. Ed effettivamente è una bella differenza il fatto di non dovermi gestire tutto da sola.

A parte che senza Margot non sarei mai riuscita ad organizzare tutto per arrivare in Australia, e senza Antonio probabilmente in Australia ci sarei arrivata, ma senza aliante.

Il supporto di Margot in volo è stato super importante. Nonostante volassimo temi diversi su alianti diversi, comunque siamo riuscite ad aiutarci a vicenda in volo, scambiando considerazioni ed informazioni meteo tutte le volte che i nostri temi si incrociavano.

Anche il supporto a terra ha fatto la differenza e mi ha permesso di andare in volo con meno pensieri organizzativi in testa. Avere Marco che si occupava autonomamente della parte culinaria per tutti, Ale e Antonio come supporto tecnico e meccanico in caso di bisogno, Riki come supporto tattico-spirituale (ma di questo ne parliamo dopo) è stato fondamentale.

Quello che continua a mancarmi, e sarebbe molto bello avere, è un compagno/a di volo per volare in coppia. Quello che normalmente faccio con Nico, mio fratello. Tutte le altre squadre grosse, vedi Francia, Germani e Polonia, hanno più piloti per classe e questo è jolly che so valere parecchio. Non solo per l’enorme vantaggio di poter volare con il doppio delle informazioni, ma anche per condividere decisioni tecniche durante il volo, e per sapere che comunque c’è qualcuno, sia se si sta andando a bomba, che quando si è bassi a remare.

Vantaggi ad avere un coach

In tutto questo avere un team captain con un’enorme esperienza di volo è stato super importante.
Non solo per la parte di pianificazione pre volo e analisi meteo della giornata e per il de briefing serale, ma soprattutto per la parte motivazionale. Riki è stato stupendo. Ha creduto nelle mie capacità forse di più di quello in cui ci credevo io, spingendomi a volare fregandomene di quello che facevano le altre, anche e soprattutto nelle giornate di blu, dove tendenzialmente il volo di gruppo può portare grossi vantaggi.

Riki mi ha sempre spinto a volare da sola facendo la mia strategia, che poi è quello che mi piace ma che a volte sono restia a fare per paura di fare errori grossi. Così sono riuscita a liberarmi del gruppone che più spesso era si rallentava da solo, partendo da sola indipendentemente dalle altre, che troppo spesso aspettavano troppo a lungo, e scappando via durante la gara.

Riki poi è speciale anche dal punto di vista umano a terra. Alcune giornate io sono stata veramente nera (almeno secondo i miei canoni), per il caldo, lo stress, e le mie aspettative su un Australia da cui mi aspettavo le basi a 5000m, e che ci dava di 2500 con un fumo impossibile, un caldo torrido e cieli blu. E nonostante ciò Riki mi ha aiutato  mantenere il morale alto, a sdrammatizzare quando le situazioni diventavano scomode, e a crederci senza però farmi sentire il peso del dover fare il risultato. Riki sei grande!

Progetti per il futuro

Il volo a vela è stato il mio sport principale da quando avevo 16 anni ad ora, o per lo meno lo sport in cui ho investito più tempo.
Ora le cose stanno cambiando, è una fase della mia vita in cui ho bisogno di usare di più il mio corpo, quindi sono più spesso ad arrampicare e a rotolare a contact improvisation. Il volo chiaramente rimane, e penso che se anche la tecnica vera e propria cala un po’ per il minore allenamento, le altre attività aiutano molto la parte di gestione mentale delle situazioni di piacere o/e di stress che vengono a formarsi durante la gara.

Progetti per il futuro…. Dunque, mi piacerebbe riuscire a volare di più con Nico, mio fratello. Forse facendo il passaggio da LS1 a Discus per entrambi (qualcuno ha un discus da vendere??). Siamo una super coppia in volo e mi diverto da matti a volare con lui.
Per quest’anno sicuro il nazionale Club ad Alzate, dove spero di imparare un po’ a volare in montagna, poi la standard a Ferrara, dove per la prima volta proverò a volare con l’acqua. (Si gente, lo ammetto, non ho mai volato  in monoposto con l’acqua, ne il libelle ne l’LS1 avevano le sacche…)

Poi si vedrà per il mondiale femminile prossimo 😉

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